Se si potrà contare ancora le onde del mare
Dosare le parole in mezzo al chiasso della comunicazione
Nell'epoca digitale tardo-moderna occultiamo la nudità e la mancanza di senso della vita attraverso un incessante postare, mettere like, condividere. Il chiasso della comunicazione e dell'informazione serve proprio a evitare che la vita si trovi dinnanzi al proprio vuoto angosciante. L'attuale crisi non è racchiusa nella formula «vivere o raccontare», ma nella formula «vivere o postare».
[…] Nonostante lo storytelling, oggi l'atmosfera narrativa sta svanendo. […] Solo la psicoterapia e la psicoanalisi presentano ancora una qualche reminiscenza della forza curativa della prassi narrativa.1
La lettura de La Crisi della narrazione di Byun-Chul Han è stata molto intensa, per me. Un po’ come quei fatti (penso soprattutto ai lutti, o ai viaggi) che hanno il potere di fermare la giostra quotidiana e rimettono in discussione le tue priorità.
Quanto tempo spendiamo a scrollare il feed per vedere roba scadente, poco interessante, format tutti uguali pubblicati solo per cavalcare l’ennesimo trend? “5 modi per…”, “Lo sapevi che…” e via di trucchi, opinioni, informazioni che non aggiungono nulla alle nostre vite e che pure ne riempiono ogni frangente.
Non so se sia il modo corretto di affrontare la questione, ma nell’impossibilità di annullare del tutto la frequentazione della rete, provo a dare più spazio a long form, video, approfondimenti anziché contenuti brevi che si sommano al già di per sé fastidiosissimo rumore di sottofondo.
Per questo dodicesimo numero di Splash (buon primo compleanno!) ho provato allora a dare seguito a un compito mai compiuto assegnato da Valentina Aversano nel suo corso “Una stanza tutta per te”: produrre un numero cartaceo del proprio progetto di scrittura, per provare a esplorare forme di narrazione nuove e più lente perché fatte con le mani oltre che di pensiero.
Ne è uscita una zine che parla di donne, di case, di futuro personale e futuro collettivo. Le parole giuste me le ha suggerite la blackout poetry2: anziché aggiungere testo alla pagina bianca, rimodelli e dai nuovi significati a quello che già c’è.
Ma io lavoro
Appunti sparsi per il mio lavoro, e magari anche per il tuo
Come: costruire una community, organizzare i contenuti, stare online tutelando la propria salute mentale. Lo ha raccontato Giulia Torelli ai microfoni di Scrolling Infinito.
Nella rete
Roba che leggo, ascolto, scopro, e mi piace
Perchè scrivere una newsletter quando non ti legge nessuno.
Dare le dimissioni e partire. Il bilancio di Daria Bernardoni, un anno dopo.
Raccontare con la musica le storie degli altri. Intervista a Iosonouncane autore delle colonne sonore del film ‘Berlinguer. La grande ambizione’ e del documentario di Francesca Mannocchi ‘Lirica Ucraina’.
Per finire
I tempi sono bui, la vita intanto succede: scrivere - sui quaderni, nelle note del telefono, nelle bozze di email che mai spediremo, poco importa - , sforzarci di trovare le parole giuste per raccontare quello che proviamo aiuta ad abbassare il volume di tutte le informazioni e comunicazioni frammentarie cui siamo esposti, a riordinare i pensieri, a trovare il buono che senz’altro c’è.
Byung-Chul Han, La crisi della narrazione, Einaudi, 2024.
“Si chiama found poetry o anche blackout poetry e può essere considerata un po' l'equivalente letterario del collage. Si ottiene partendo da una pagina già scritta (un giornale per esempio), cancellando tutte le parole che non appartengono al nostro componimento. Il risultato finale è una poesia visuale, da leggere ma anche da guardare.” Fonte: My Way Blog
Elena cara, che gioia poter ammirare queste pagine, bravissima!